Immagina una partita di tennis intensa, magari uno di quei match al cardiopalma durante uno Slam. Il grande favorito batte forte, il pubblico è concentrato, si suda sul centrale di Wimbledon. A un certo punto, però, uno dei due smette di giocare, cammina verso la rete, stringe la mano all'arbitro e all'avversario. Niente urla, solo sgomento e qualche applauso triste. Sui tabelloni compare la scritta: retired. Ma cosa significa esattamente? Perché accade? E cosa succede dopo?
Il termine "retired", spesso abbreviato in "RET" sui tabelloni e nei siti di statistiche, è un termine internazionale che si usa quando un giocatore si ritira da una partita prima che questa finisca regolarmente. No, non stiamo parlando di pensionamento a 67 anni e nemmeno del classico ritiro dall’attività agonistica. "Retired" è il modo elegante con cui si comunica che qualcuno è stato costretto ad abbandonare una sfida in corso, di solito a causa di un problema fisico come crampi, un infortunio o, a volte, malesseri improvvisi.
Ti sarà capitato di vedere scene celebri: Rafael Nadal, ad esempio, ha dovuto "retirare" diverse volte, come nel 2018 agli Australian Open contro Marin Cilic per un fastidio muscolare. Oppure pensa a Serena Williams, costretta al ritiro durante la finale di Toronto 2019 per spasmi alla schiena. La cosa interessante è che la parola "retired" è universale nel tennis, usata in qualsiasi torneo, in ogni parte del mondo, dal campetto di provincia sino ai tornei ATP e WTA internazionali.
Ma quali condizioni lo permettono? Le regole sono molto chiare: se una persona non può continuare a gareggiare in sicurezza – per qualunque causa, anche non sportiva, come un’indigestione improvvisa o colpo di calore – può ufficialmente comunicare all'arbitro la volontà di ritirarsi. Da quel momento la partita è considerata chiusa, la vittoria passa automaticamente all’altro tennista, indipendentemente dal punteggio. Dunque, non c’è nessuna possibilità di proseguire, a meno che chi si è ritirato non abbia commesso un errore plateale nel comunicare la sua decisione.
La cronaca ci ricorda anche casi particolarissimi: nel 2020, nel pieno della pandemia, diversi giocatori sono stati costretti al ritiro per sintomi da Covid o positività ai test rapidi. In alcuni casi ai grandi Slam, quando il match è importante e la posta in gioco altissima, alcuni atleti cercano di resistere fino all’ultimo punto, temendo il danno all’immagine e alla classifica. Tuttavia, la salute rimane prioritaria, come ribadiscono sempre anche medici e fisioterapisti degli staff tecnici.
Alla domanda "cosa si prova a ritirarsi?", Andy Murray una volta ha detto:
“Is the hardest decision, but your body sometimes doesn’t give you real options on court. The pain takes over, and it’s just you and your limits.”Un mix di frustrazione, delusione, ma anche un pizzico di senso di responsabilità verso se stessi. In pratica, non è mai una scelta facile.
Curioso sapere che la regola vale ugualmente per singolare e doppio: nel doppio basta che uno dei due compagni sia impossibilitato a proseguire e la squadra deve considerarsi ritirata. Gli ufficiali del torneo si assicurano che la decisione sia presa in modo responsabile, a volte dopo un rapido consulto con i medici a bordo campo.
Ultima curiosità: a volte i giocatori scelgono di ritirarsi per evitare danni peggiori, soprattutto se sono impegnati in tanti tornei ravvicinati. Meglio ritirarsi e fermarsi per una settimana che saltare due mesi di calendario.
Quando un tennista si ritira, cosa succede davvero sul tabellone? La regola ufficiale vuole che il vincitore sia il giocatore che rimane, quindi anche se si trova sotto nel punteggio, il match viene assegnato a lui. Mettiamola così: se al terzo set il player A sta vincendo, ma è il player B a ritirarsi, il risultato dirà che A ha vinto per "retired", e i punti si assegnano normalmente per la classifica ATP o WTA.
Sui referti ufficiali troverai la dicitura “retired” spesso seguita dal punteggio fino a quel momento, come ad esempio 6-3, 1-0 RET, che vuol dire che il match è stato interrotto all’inizio del secondo set. Questo consente di capire lo stato della partita nel momento della decisione.
Attenzione però, perché il discorso si complica quando entrano in gioco le scommesse. Per le agenzie come Bet365 o Snai, infatti, la modalità con cui vengono rimborsate o validate le puntate dipende da quando avviene il ritiro. Alcuni operatori considerano la partita nulla (e quindi rimborsano) se il ritiro avviene prima di un set completo; altri invece pagano la scommessa se almeno un set è stato completato, considerando il vincitore quello designato dal torneo.
Aneddoti? Chi scommette sul tennis lo sa bene: nel 2021 c’è stata una delle dispute più discusse proprio per il ritiro di Stefanos Tsitsipas in semifinale a Montecarlo. Quella volta, a seconda del bookmaker, c’era chi rideva e chi piangeva alla cassa.
A livello di statistiche, "retired" viene conteggiato nelle statistiche ufficiali esattamente come una sconfitta per chi lascia e una vittoria piena per l’altro tennista. Questo dettaglio è fondamentale specie per i ranking mondiali e quando si analizzano le serie di vittorie o sconfitte di un atleta. Una delle stranezze della regola è che, mentre nel calcio si può a volte ri-giocare una partita sospesa, qui il match è considerato concluso per sempre.
Oltre a questo, nelle grandi manifestazioni (come Coppa Davis o Billie Jean King Cup) il ritiro può avere conseguenze sulla squadra: se un singolare viene lasciato a metà, il punto va all’avversario, con possibili ripercussioni sull’intero incontro tra le nazionali.
Il regolamento ATP e WTA specifica: "Se un giocatore si ritira dal torneo dopo aver vinto almeno una partita, guadagna comunque i punti per i round raggiunti. Ma se si ritira prima di scendere in campo, subentra una "lucky loser" (una sostituta del tabellone di qualificazione)." Quindi ritirarsi durante la partita non costa in termini di ranking, ma ovviamente la sconfitta pesa sul curriculum.
Chiudiamo questa parte con una curiosità nerd: se giochi ai videogiochi di tennis, tipo Tennis World Tour o Top Spin, anche lì puoi selezionare “ritiro” se la partita diventa troppo difficile o stressante – anche nel virtuale la regola non perdona.
I più esperti ti diranno che c’è modo e modo di gestire il "retired" — da atleta, da coach, ma anche da spettatore. Per un tennista di alto livello la gestione dell’infortunio è una questione che si lavora tutta la vita, e capire il momento in cui fermarsi è quasi un’arte. Spesso sono i fisioterapisti a dare il consiglio fatidico: “Meglio un ritiro oggi che uno stop di due mesi domani”. I grandi sanno ascoltare il proprio corpo: Roger Federer nel 2020 si è fermato prima ancora dei tornei dopo una ricaduta al ginocchio, proprio per evitare danni da cui sarebbe stato impossibile tornare al top.
Per i giovani invece la tendenza è quasi opposta: c’è chi stringe i denti all’inverosimile pur di non cedere. Ma il rischio di farsi male seriamente è alto. Consiglio pratico: ascoltate il vostro corpo e non pensate che il coraggio sia solo proseguire a ogni costo – a volte serve più coraggio a fermarsi.
C’è poi tutto l’aspetto mentale: essere costretti al retired è una frustrazione difficile da digerire, soprattutto se ci si sente in dovere verso il pubblico, gli sponsor o la squadra. Molti psicologi sportivi (tipo la famosa Dott.ssa Roberta Rossi di Roma) sottolineano che accettare i limiti del proprio corpo è fondamentale per restare sereni a lungo termine. Nel tennis, che è sport individuale, la pressione è doppia rispetto agli sport di squadra: perdere "da soli" fa più male. Non a caso, raccogliere esperienza nel gestire i momenti di crisi durante un match può davvero fare la differenza nella carriera di un tennista.
Un altro punto chiave è il rispetto verso l’avversario. Il retired viene visto, se gestito con trasparenza e onestà, come un atto di fair play. Niente storie da furbetti: se si esagera rischi anche una squalifica. Per evitare polemiche, molti giocatori ormai si confrontano direttamente con l’arbitro e il rivale prima di dichiarare il ritiro, spiegando con chiarezza le motivazioni e ringraziando il pubblico, che di solito risponde con un applauso.
Ultimi consigli? Se sei un tifoso appassionato e il tuo idolo si ritira, non prenderla sul personale! Può capitare anche ai migliori. Se invece sei tu stesso a giocare a livello amatoriale, non sentirti una schiappa se sei costretto a mollare una partita: la salute viene prima di tutto e giocare mezzo rotto non renderà le cose migliori. Un buon taping, scarpe adatte e preparazione atletica possono prevenire molte situazioni difficili, ma ci sono giornate in cui il tuo corpo chiede solo di fermarsi. Rispetta quei segnali.
Per chi invece si interessa di statistiche, scommesse o semplicemente ama la storia del tennis: tenete d’occhio quei match segnati da "RET". Raccontano spesso storie personali di grande fatica e sacrificio. Guardali con lo stesso rispetto con cui segui i match epici finiti al tie-break del quinto set.
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