Se hai mai guardato una partita di tennis, ti sarai sicuramente chiesto perché mai, quando uno dei giocatori non ha ancora segnato punti, il punteggio venga indicato con la parola “Love”. Non ha niente a che vedere con cuori, relazioni o romanticismo e, se ci pensi, è strano trovare un termine del genere in uno sport che – sul campo – tutto sembra tranne che dolce o tenero. I giocatori lottano spesso come leoni per ogni punto, e dietro la facciata elegante, a volte si respira più tensione che amori segreti. Però, quella parola lì è rimasta attaccata come una vecchia etichetta alle scarpe nuove, anche se chiunque la sente immagina una storia completamente diversa da quella vera. Prendiamo la racchetta e andiamo a scoprire da dove arriva questa strana abitudine, se c’entra qualcosa la lingua francese (spoiler: sì, e non è la sola), e perché, nonostante l’avvento della tecnologia, il tennis ancora si ostini a tenere in campo questa curiosa parola inglese dal significato, in apparenza, fuori luogo.
Per capire l’origine della parola “Love” nel tennis, dobbiamo fare un salto indietro di qualche secolo, all’epoca in cui questo sport stava nascendo in Europa. La teoria più accreditata lega tutto a un gioco antico francese chiamato jeu de paume. Qui il punteggio era segnato in francese, una lingua che all’epoca dominava le corti europee più di quanto oggi faccia l’inglese negli ambienti sportivi. Si dice che la parola “Love” derivi da “l’oeuf”, che in francese significa “l’uovo”: se ci pensi, un uovo ha la forma di uno zero. Quando un giocatore aveva zero punti, si chiamava la sua situazione “l’oeuf”. Dalla pronuncia francese “l’öf” si sarebbe molto facilmente passati al termine inglese “love”, soprattutto perché i primi inglesi che presero confidenza con il gioco si presero la libertà di storpiare le parole francesi che non capivano (questa storia la conosco bene per le mille volte che Enea chiede a caso il significato di qualche parola straniera ascoltata da YouTube o Netflix: e proprio come fanno i bambini, gli adulti di allora si arrangiavano col suono più vicino, senza stare troppo a sottilizzare).
La storia però non finisce qui. Esistono anche interpretazioni meno accettate, ma certo più poetiche. Qualcuno dice che “Love” indichi il giocare “for the love of the game”, cioè per la pura passione di giocare, senza vincite economiche in palio. Però, nei fatti, nessun documento storico regge davvero questa spiegazione, ripetuta più per abbellire la realtà che per altro. L’etimologia “culinaria”, per così dire, è quella che mette d’accordo quasi tutti gli storici e gli appassionati.
La storia di “l’oeuf” ricorda un po’ quei nomignoli che diamo agli oggetti per evitare nomi che ci sembrano troppo diretti. Basti pensare a come i bambini chiamano i gatti “micio” invece che con il loro nome vero – Aurora, per dire, a casa nostra ha più soprannomi che ciotole di croccantini. La storia ama queste scorciatoie, e così la parola “Love”, nata da una piccola e buffa associazione visiva, ha attraversato secoli, guerre, mode e innovazioni tecniche senza mai lasciare il tabellone del tennis. Un po’ come le nostre abitudini di famiglia, anche quando cambiamo tutto ciò che ci circonda, certi dettagli restano intoccabili.
A questo punto, vediamo come funziona questo famoso “Love” nel punteggio. Nel tennis si parte sempre da zero, e il tabellone indica: “Love-15”, “15-15”, “Love-30” e così via. Questo modo di contare si discosta da tutti gli altri sport di racchetta, come squash e badminton, dove i numeri sono dritti e regolari. Nel tennis, invece, tutto è stranamente complicato: 15, 30, 40 e poi il game. Anche dietro questi numeri ci sono storie affascinanti: secondo le ricostruzioni più accreditate, la conta deriva da un orologio: ogni quarto d’ora segna i punti (15, 30, 45, poi in seguito cambiato in 40 per semplificare la pronuncia). Ma nessuno ha rivoluzionato la presenza dello zero/“Love”, che continua a essere pronunciato ancora oggi su tutti i campi, dai match di Wimbledon alle partite della domenica nel circolo di provincia.
Molti giocatori, persino tra i professionisti, si chiedono perché il tennis continui ad affidarsi a questa terminologia così arcaica. La risposta è semplice: la tradizione conta tantissimo in questo sport, spesso più della praticità. Anche agli ultimi Open di Parigi del 2023, nel pieno di una partita tesa, l’arbitro ha continuato a chiamare “Love-40” con la stessa solennità di un matrimonio reale britannico. È una delle poche cose che non sono mai cambiate, anche se il tennis ha abbracciato ogni tipo di innovazione: dai falchi elettronici per controllare le linee fino alle palle intelligenti tracciate via GPS.
Mi è capitato una volta, durante una partita con Enea in un campo di provincia, di spiegargli proprio questa cosa: “Papà, perché si dice Love?”, serissimo, racchetta tra le mani e sguardo da piccolo filosofo… e io lì, a rispolverare la storia dell’uovo francese! A lui non è sembrato troppo logico, ma l’ha accettato come fanno i bambini con le leggi fisiche: funziona così, punto. Forse è proprio questo il fascino del tennis: un modo strano e unico di vedere il mondo, dove anche il nulla prende forma e diventa parola. Ecco perché, se vai a vedere una partita, non troverai nessun “zero”, solo Love. Come a dire: anche dall’assenza nasce il gioco.
Se ti piace vedere come una parola può viaggiare oltre il suo contesto originale, il termine “Love” nel tennis ne è il caso perfetto. Dal ragazzino del quartiere che scimmiotta Wimbledon al professionista sotto i riflettori di New York, il gergo del tennis si è riversato anche in canzoni, film, barzellette e meme. Ad esempio, nel film “Match Point” di Woody Allen (2005), il tennis e i suoi termini diventano metafora della vita e dell’amore, confondendo volontariamente i due piani.
Ci sono dati interessanti su quanto sia radicato il termine: secondo una ricerca condotta dalla International Tennis Federation nel 2019, il 92% dei giocatori under 18 ha indicato “Love” tra le prime cinque “stranezze” che li hanno colpiti quando hanno iniziato a giocare. E secondo uno studio della Oxford English Dictionary, la parola “Love” legata al tennis è più vecchia di quella intesa come sentimento romantico nella lingua popolare inglese. In sintesi, è la parola sportiva che ha anticipato la moda di associarla a film e canzoni pop.
Anno | Evento | Dettaglio |
---|---|---|
1877 | Primo torneo di Wimbledon | Si usa già "Love" per indicare lo zero |
1912 | Regolamento ITF | Love riconosciuto come standard internazionale |
2019 | Studio ITF under 18 | 92% messo "Love" tra le curiosità principali |
Oggi il termine resiste forte, e nessun regolamento moderno osa scalzare questa origine love tennis dal modo di contare. Quando vedi i tuoi figli calcare per la prima volta un campo, ti accorgi che imparano più velocemente questa parola di qualsiasi altra regola. E nessuno ha mai davvero provato a sostituirla, perché il fascino delle piccole tradizioni vince perfino sull’efficienza. Detto tra noi, posso anche immaginare Aurora – il gatto di casa, che spesso assiste alle partite indoor di famiglia – miagolare a ogni “Love” urlato nel salotto, come sapesse che, in fondo, non è mai solo uno zero. È il suono di qualcosa che sta per iniziare, che chiede solo di essere vissuto. Che poi, in moltissimi sport, chi parte con “zero” spesso rimonta: nel tennis, il Love può essere la partenza della rimonta perfetta. E questo lo rende già di per sé, a suo modo, poetico e unico – come solo certe tradizioni sanno essere davvero.
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