Sono tra i piatti salva-cena che finiscono spesso nel carrello della spesa, soprattutto quando a casa ci sono bambini poco entusiasti del pesce ‘vero’. I bastoncini di pesce vengono consigliati da alcuni nutrizionisti come escamotage per abituare i piccoli al sapore del pesce. Il problema? Solo metà di quel bastoncino dorato contiene davvero pesce: il resto è una miscela di additivi, aromi, conservanti e panatura pensata per renderli più buoni e farli durare mesi nei frigoriferi dei supermercati.
A mettere in discussione la loro sicurezza ci pensano alcune indagini recenti. Il nutrizionista Paolo Pigozzi punta il dito sui processi industriali: i bastoncini vengono pre-fritti con oli vegetali a temperature elevate. In queste condizioni si formano sostanze come il glycidolo, considerato potenzialmente cancerogeno. Il sospetto non viene solo dalle teorie: la rivista svizzera Bon à Savoir ha analizzato 15 marche diverse trovando tracce di glycidolo praticamente ovunque. È una sostanza che si sviluppa proprio quando gli oli subiscono lavorazioni estreme: le dosi trovate non fanno scattare un allarme immediato, ma il rischio vero è nella somma che si accumula nel tempo, pasto dopo pasto.
La preoccupazione si è allargata anche fuori dalla Svizzera. Nel 2023, i tedeschi di Oekotest hanno sottoposto 19 principali marche europee a nuovi test, svelando la presenza di 3-MCPD, un altro contaminante che salta fuori durante le fritture industriali. Su 19 prodotti, ben 11 contenevano quantità rilevanti di questi esteri, collegati a effetti tossici nel lungo periodo e monitorati anche dagli organi europei per la sicurezza alimentare.
Ma dobbiamo davvero preoccuparci? Le quantità rilevate nei test non sono così alte da far scattare vere emergenze. Il punto critico si trova nell’abitudine: consumare frequentemente questi prodotti, specie nei bambini che diventano così molto esposti a contaminanti come glycidolo e 3-MCPD, significa esporsi a piccole dosi, ma costanti, giorno dopo giorno. Secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), esistono dei limiti giornalieri da non superare per queste sostanze, ma un’alimentazione monotona o ricca di prodotti ultra-processati può farli valicare più spesso di quanto si pensi.
Gli esperti suggeriscono una soluzione semplice: ridurre la frequenza. I bastoncini di pesce, per chi non vuole proprio rinunciarci, dovrebbero finire in tavola al massimo due o tre volte al mese, inseriti in una dieta varia dove prevalga il pesce fresco o surgelato non lavorato. Chi cerca alternative che non facciano mancare nutrienti come gli omega-3 può orientarsi anche verso fonti vegetali: noci, semi di lino, legumi e alcuni oli vegetali apportano acidi grassi benefici senza costringere a ingerire coloranti o conservanti.
Insomma, anche dietro quello che da piccoli sembrava uno snack innocente si nascondono scelte industriali con effetti sulla salute molto concreti. Capire cosa contengono davvero i bastoncini di pesce è il primo passo per portare a tavola piatti che non facciano solo felici, ma anche stare bene.
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