Djokovic fa spesso parlare di sé, nel bene e nel male. Non si tratta solo di tennis: personaggio divisivo, fa scattare reazioni forti anche tra chi non segue lo sport. Ma è davvero cattivo come qualcuno insinua, oppure semplicemente diverso dagli altri grandi del passato?
Molte delle sue “colpe” stanno tutte in dettagli che, analizzati da vicino, assumono tutta un’altra dimensione. Per esempio, pensi alla vicenda della squalifica agli US Open del 2020: un colpo finito addosso a una giudice di linea per errore, ma la bufera mediatica non gli ha dato scampo. Da qui a farlo passare per malvagio il passo è stato breve, ma le cose sono quasi sempre più sfumate di quanto appaiono nei titoli delle notizie.
Tanti tifosi pongono la domanda: se Djokovic fosse stato inglese o americano, sarebbe stato visto nello stesso modo? C’è sotto anche una questione di empatia e di pregiudizi culturali, che spesso non c’entrano nulla col comportamento reale di una persona.
Parlare di Novak Djokovic significa parlare di uno che nel tennis ha sconvolto le regole non scritte. Non solo per i risultati, ma per come si è inserito nella scena mondiale, spesso tra diffidenze. Djokovic arriva dal Kosovo serbo, zona ben lontana dai riflettori rispetto a chi è cresciuto in America o in Europa occidentale. Ha iniziato da piccolo a farsi largo tra mille difficoltà: guerra, bombardamenti e poche strutture decenti per allenarsi.
A differenza di Federer o Nadal, Djokovic ha sempre avuto un rapporto complicato con il pubblico internazionale. Può essere perché rompe i pronostici o perché spesso si mostra senza filtri: ride, sbuffa, si arrabbia in campo e anche fuori. Questo atteggiamento non è piaciuto subito a tutti. Nel 2011, quando esplode vincendo tre Slam su quattro, tanti lo vedono come l’outsider fastidioso che rovina la festa ai "belli e bravi" già esistenti.
La costruzione del suo mito è fatta di sudore, nervi e qualche polemica. Ecco un paio di numeri che raccontano il suo impatto:
Anno | Titoli Slam vinti | Settimane da N.1 ATP |
---|---|---|
2011 | 3 | 53 |
2015 | 3 | 48 |
2021 | 3 | 41 |
2024 | 2 | 32 |
Molti ricordano il primo Australian Open vinto nel 2008 come la svolta della sua carriera. Da lì, la pressione mediatica non lo ha mai mollato. Finiti i "Fab Four", Djokovic è rimasto spesso da solo nel mirino, con ogni sua dichiarazione o gesto ingrandito a dismisura.
Un altro motivo della sua fama è la trasparenza: Djokovic non fa il diplomatico. Parla di dieta senza glutine, di medicina alternativa, persino di Novak come "ribelle" tra i giocatori. Tutto questo lo rende un bersaglio facile ma anche un personaggio che non lascia indifferenti.
Quando si parla di Novak Djokovic e delle sue controversie, si va sempre a parare su episodi concreti. Il più famoso resta quello degli US Open 2020, quando tirando una pallina con disattenzione ha colpito una giudice di linea. Non voleva fare del male, ma il regolamento del tennis è chiaro: squalifica automatica. Quell’episodio ha fatto il giro del mondo in poche ore. Non era la prima volta che Novak si lasciava andare a reazioni di frustrazione in campo, ma mai così eclatante. I media hanno calcato la mano, e molti hanno iniziato a vedere Djokovic come arrogante o fuori controllo.
Ma non è tutto qui. Un’altra tegola forte l’ha presa con tutta la questione vaccini. Nel 2022, durante l’Australian Open, Djokovic è stato espulso dall’Australia per le sue scelte personali sulla vaccinazione contro il Covid. Non una questione di sport, ma di regole fuori dal campo. Anche stavolta la percezione si è spaccata: per alcuni era un ribelle che metteva in pericolo gli altri, per altri difendeva una scelta personale. Non esistono mezze misure quando parli di lui.
Ci sono poi gesti che qualcuno interpreta come provocatori: urla dopo un punto vinto, sguardi di sfida, qualche racchetta spaccata. Qualcuno dice che sul campo si comporta come se avesse il mondo contro. Lui stesso non lo nega: sente di dover lottare sempre, anche contro il pubblico. Questa cosa si vede benissimo nelle finali con Federer e Nadal, dove spesso gli stadi parteggiano per gli altri e lui risponde con energia, a volte anche con qualche provocazione.
Il punto è che Novak Djokovic divide perché non è mai banale. Le sue scelte sono spesso trasparenti, ma scomode. Non cerca scuse e spesso paga subito per i suoi errori. Dietro quelle reazioni c’è tanto agonismo, certo, ma a volte un bisogno di sentirsi accettato che passa per le strade sbagliate.
A volte sembra che Novak Djokovic sia fatto apposta per scatenare discussioni, ma andare oltre la superficie aiuta a capire un pezzo grosso del suo carattere. Djokovic non ha mai nascosto il suo orgoglio serbo: lo sottolinea spesso, sia nelle interviste che con gesti simbolici dopo le vittorie. Questo può sembrare strano o addirittura provocatorio rispetto all’atteggiamento neutrale che altri tennisti preferiscono. Per lui, la storia della Serbia conta, soprattutto perché è cresciuto durante anni di guerra e crisi pesanti. Questo vissuto personale lo rende molto diretto nei modi e poco incline a prendersi filtri quando si esprime.
Molti non digeriscono questa schiettezza, scambiandola per arroganza o mancanza di rispetto. L’esempio classico è quando ha risposto al pubblico ostile di Wimbledon con applausi ironici: un comportamento che ha fatto discutere, ma per lui era un modo di reagire alle pressioni. Djokovic ha detto più volte che preferisce dire le cose in faccia e non fare il "politically correct", anche a costo di sembrare antipatico.
Lo scontro di culture si vede bene anche fuori dal campo. Quando durante la pandemia si è schierato contro alcune regole imposte dai tornei, non è stato un semplice capriccio: in Serbia il rapporto con la medicina ufficiale e le autorità è diverso da quello di altri paesi occidentali. Non si tratta solo di opinioni personali, ma di una mentalità maturata in un contesto molto specifico.
In fondo, la personalità di Djokovic è il vero motivo che lo rende così polarizzante. Sul suo lato umano pesa tutto: la storia del paese, le vicende familiari, la pressione di essere il primo serbo a raggiungere quei livelli nel tennis. Vedere tutta questa complessità solo come "cattiveria" è riduttivo. Capire le sue radici e il suo modo di vivere il successo dà un’idea più chiara di chi sia davvero.
Novak Djokovic fa discutere, ma se guardi bene il suo percorso puoi prendere parecchi spunti utili. Prima di tutto la tenacia: il suo recupero dopo gli infortuni e le continue “rivincite” contro chi lo dava per finito sono roba concreta. Per dire, dopo il grave infortunio al gomito del 2017, in molti lo vedevano ormai finito ai vertici, ma lui è tornato e ha vinto 12 Slam negli anni seguenti.
Un’altra lezione è che non serve piacere a tutti. Djokovic spesso viene fischiato, a volte ignorato dai media rispetto ad altri campioni come Federer e Nadal. Però lui tira dritto, si prepara meglio di tutti e continua a vincere. Ha anche cambiato dieta, scegliendo un’alimentazione senza glutine che, secondo lui, ha cambiato la sua carriera: guarda caso, le sue migliori stagioni arrivano dopo questo cambiamento.
Ecco alcune dritte da prendere da Djokovic:
Un dato che fa pensare: Djokovic è l’unico a essere riuscito a vincere almeno due volte tutti i tornei dello Slam (Career Grand Slam doppio). Questo non lo ha reso il più amato, ma non è forse la prova che metterci la faccia, anche con qualche antipatia, paga comunque?
Torneo Slam | Numero titoli (2024) |
---|---|
Australian Open | 10 |
Roland Garros | 3 |
Wimbledon | 7 |
US Open | 4 |
Ultimo spunto: il successo di Djokovic dimostra che, nello sport come nella vita, a volte non devi cambiare per piacere agli altri, ma solo per essere la versione migliore di te stesso. Chi guarda al Novak Djokovic umano e non solo al giocatore, trova lezioni che vanno oltre il tennis.
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